LA RESISTENZA AL PORTELLO DELL’ALFA ROMEO DI MILANO PREMESSA PER LA NASCITA DELLA FONDAZIONE XXV APRILE

Gli scioperi del marzo 1943 sono un fiasco a Milano ma hanno il merito di segnalare le prime insofferenze verso il regime fascista e la guerra che strazia da circa 3 anni. Malgrado le pessime condizioni di vita dal punto di vista abitativo e sanitario, disciplina del lavoro sempre più aspra, bassissimi salari, scarsi approvvigionamenti non c’è grande reazione al Regime. Lo scatenarsi dei bombardamenti tra l’8 e il 17 agosto del 1943 nei centri industriali del Nord innesca la spinta decisiva alla ripresa delle manifestazioni di massa coscientemente indirizzate a chiedere la fine della guerra: a Milano le vittime sono 193.
Solo dopo l’8 settembre (armistizio col Governo Badoglio al sud e l’occupazione tedesca al nord con la liberazione di Mussolini che fonda la RSI con sede a Salò) si assiste ad una maggiore convinzione a portare avanti le lotte anche perchè si preannunciano con ondate di licenziamenti che esasperano la situazione caratterizzata dall’occupazione tedesca di Milano col Generale ZIMMERMANN.
In Alfa lavoravano circa 8.000 lavoratori producendo principalmente motori d’aviazione e altro materiale bellico tra cui particolari per le V1 E V2 tedesche coperte da assoluto segreto militare. Nel settembre 1943 le autorità tedesche bisognose di materie prime scarse in Germania danno l’ordine di portare via dal Portello tutto ciò che poteva essere portato via : metalli e risorse umane. Ugo Gobbato, direttore del Portello, decide di inviare a Berlino il collaudatore Pietro Bonini affinché consegnasse al ministro dell’industria tedesca Speer una missiva segreta per sperare di poter salvare lo stabilimento dell’Alfa Romeo.
Malgrado il pericolosissimo viaggio di andata e ritorno Bonini riesce nell’impresa ed al ritorno da Berlino riconsegna una missiva di Speer che fa dire al direttore Gobbato “ la fabbrica è salva” per il momento. Un altro episodio significativo del 1943, che dimostra il coraggio degli operai dell’Alfa nel difendere il “patrimonio aziendale”, è quello dell’occultamento delle 3 auto da corsa modello 158 che avevano dominato le competizioni negli anni pre-guerra. Infatti un gruppo di giovani operai dell’AUSILIARIA viene a conoscenza che ufficiali della Wehrmacht sapevano dell’esistenza delle 158 al Portello e che se ne vogliono impossessare. Lavorando la notte stessa del trasferimento a Melzo di parte degli impianti si improvvisano muratori e nascondono le tre monoposto alla fine del capannone adibito a servizio mensa sistemandole una sull’altra. Solo a fine guerra il muro viene abbattuto e le Alfa 158 continueranno a vincere.
Le retribuzioni nei mesi successivi diminuiscono sempre più e l’insofferenza nel produrre materiale bellico per la Germania porta agli scioperi del 14 dicembre 1943 puntualmente repressi dai tedeschi e alternati da promesse di concessioni sul piano alimentare. I salari si aggirano sotto le 5 lire orarie per gli operai mentre donne, manovali e ragazzi percepivano molto meno. Nel marzo del 1944 dopo 2 mesi di preparazione dei partigiani si arriva agli scioperi che avrebbero dovuto nelle intenzioni dei promotori porre fine alla guerra ma l’indecisione e l’impreparazione del fronte partigiano e soprattutto la scelta americana di sbarcare in Normandia invece di condurre da subito la controffensiva dal sud Italia, come avrebbe voluto Churchill, non porta i risultati sperati. Anzi segue una massiccia repressione con deportazioni e morte di centinaia di lavoratori (tra cui decine di alfisti) ai campi di concentramento di Muthausen e Auschwitz che i lavoratori dell’Alfa ricordano ogni anno in Aprile con un’ora di Assemblea e la posa simbolica della corona floreale alla stele a loro dedicata a imperitura memoria. Per rappresaglia ad un attentato dell’8 agosto 1944 in viale Abruzzi, che nessun commando partigiano rivendica, 15 ostaggi italiani prelevati dal carcere di San Vittore vengono massacrati il 10 agosto in piazzale Loreto dai tedeschi.
La dittatura tedesca non si fida più del fascismo italiano (molti industriali si preparano a cambiare casacca buttando via la camicia sudicia del fascismo) e preferisce il piano della deportazione e del sistematico saccheggio dell’apparato produttivo. Il momento di maggiore difficoltà del Portello è datato 20 ottobre 1944 quando una squadriglia di aerei americani si dirige indisturbata su Milano. Il Portello viene bersagliato con 200 bombe da 500 libbre ciascuno che provocano circa 50 morti. La sorte volle che una di queste bombe caduta negli uffici di progettazione ricavati in un ex orfanotrofio non esplodesse altrimenti tutti i progetti delle future auto del dopoguerra (1900, Giulietta, Giulia) sarebbero andati in fumo.
A mantenere accesa la fiaccola, a superare la depressione del momento per riprendere la combattività nell’inverno del 1945 in stretta collaborazione con il CLNAI (comitato di liberazione nazionale alta Italia) sono la determinazione e l’eroismo di una piccola pattuglia di lavoratori che in Alfa e nelle altre fabbriche di Milano non si danno per sconfitti. Il 21 aprile del 1945 le Direttive del CLNAI invocano l’insurrezione nazionale con a capo del movimento le fabbriche, i cantieri, le officine con lo scopo principale di difendere le fabbriche dalla distruzione.
Il 25 Aprile Milano è libera. Il contributo della classe operaia dell’Alfa e delle altre fabbriche di Milano alla lotta di liberazione, alla sua azione per la difesa delle fabbriche e alle sue giuste richieste per un nuovo ordine fondato sulla giustizia sociale sono un doveroso omaggio che tutti i lavoratori che si sono succeduti hanno e devono sempre tributare.
La ristrutturazione dell’industria nel dopoguerra con conseguente espulsione di migliaia di operai dalle fabbriche e le difficilissime condizioni di vita dei lavoratori e dei loro familiari costituisce il terreno obbligato da cui partono le basi per la costituzione della Fondazione XXV Aprile nata il 6 agosto 1947. Una Società di Mutuo Soccorso che fa della mutualità ai propri iscritti l’asse portante della propria attività.